L’arte è ciò di cui abbiamo bisogno per agire nella complessità e indagare le tematiche ambientali esplorando linguaggi e punti di vista inediti.

Quest’anno Resilienze Festival ospita le opere di tre artisti e ricercatori riconosciuti a livello internazionale: Sara Berts, Ingrid Mayrhofer-Hufnagl e Benjamin Ennemoser.

Sara Berts

Sara Berts è una compositrice e sound artist. Il suo lavoro è caratterizzato da elementi del mondo naturale che si fondono con la sintesi modulare. Stratificando diverse voci di synth con registrazioni sul campo, la musica di Sara Berts è un terreno d’incontro, un luogo di scambio attivo tra due larghezze di banda della realtà, il mondo visibile e la sua vitalità allusiva di un altro ordine dell’essere.

Ch’uya Taki

Il lavoro di Sara Berts è un’installazione sonora che propone i canti icaros intervallati con suoni naturali registrati dall’artista nella foresta amazzonica peruviana nel 2019,  durante un periodo di permanenza presso il centro di studio di piante medicinali Mayantuyacu.

I video nei monitor, realizzati dal visual artist Luca Pietropaolo, sono invece sistemi generativi basati sulle immagini al microscopio raccolte durante le sessioni di laboratorio. L’opera è stata realizzata dalla sound artist Sara Berts e dagli studi di Giulia Villari, ricercatrice del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, finalizzati a osservare, attraverso un microscopio confocale a fluorescenza, in che modo l’esposizione di cellule endoteliali a questi canti possa generare alterazioni specifiche a livello meccanico e molecolare.

Ingrid Mayrhofer-Hufnagl e Benjamin Ennemoser

Ingrid Mayrhofer-Hufnagl è architetto e scienziata, nella sua ricerca unisce le sue passioni per l’architettura, l’ingegneria, l’informatica, l’arte e la natura per spingere le frontiere del nostro ambiente costruito. È attualmente artist-in-science-resident presso il JRC, centro di ricerca della Commissione Europea, dove indaga le tecnologie di telerilevamento e gli spettri della natura, sfidando le scale temporali e i processi antropocentrici del nostro ambiente costruito.

Benjamin Ennemoser è Assistant Professor of Architecture presso la Texas A&M University, con una passione per il design computazionale, la robotica e l’intelligenza artificiale. Ha insegnato e tenuto conferenze in prestigiose università come l’UCLA e l’Università di arti applicate di Vienna e, nel 2016 ha fondato il proprio di architettura in Italia. Ha collaborato con leader del settore come come ricerca e sviluppo di Google come consulente tecnologico e responsabile di design.

COALESCENCE – We don’t live where we are

I concetti e le modalità tradizionali di urbanistica e design delle città spesso non riescono ad affrontare le sfide contemporanee. Le sfide di oggi sono caratterizzate da complessi (eco)sistemi connessi tra loro,  che si estendono oltre la capacità di lettura  degli approcci tradizionali. L’urban design affronta la questione di come integrare gli esseri umani, le forme di vita non umane e l’ambiente. Per fare ciò, dobbiamo riconoscere che i processi che modellano e definiscono le nostre città e le nostre esperienze spaziali non sono più confinati in un unico luogo fisico, ma fanno parte di un’intricata rete di sistemi interconnessi che si estendono a livello globale.

Per intervenire efficacemente in questa mega struttura planetaria, dobbiamo adottare nuove modalità di comunicazione, pensare e, fondamentalmente, riconcepire la nostra comprensione di ciò che costituisce una città e questo richiede una profonda ridefinizione del concetto stesso di città. Dobbiamo esaminare i paesaggi generati dalla produzione delle risorse che sostengono le nostre città, così come i paesaggi devastati dai rifiuti che queste generano. 

Sia l’installazione interattiva che i modelli stampati in 3D presentati durante Resilienze Festival riflettono criticamente attorno alla domanda “Dove vivi?” Se ci chiedessero quali sono le fonti della nostra ricchezza, avremmo bisogno di produrre una mappa alternativa a quella geografica, che rappresenti i paesaggi che ci sostengono e non solo quelli su cui poggiamo i piedi. Questa seconda mappa è una rappresentazione intrecciata che si espande nello spazio e nel tempo, superando i limiti di una carta topografica standard.
Utilizzando l’Intelligenza Artificiale , queste opere d’arte condensano la distribuzione spaziale e temporale di questi paesaggi. Questo rende visibili paesaggi urbani chimerici e ibridi che stiamo effettivamente producendo.